Probabilmente, col senno di poi, si sarebbe detta da sola che aveva trattenuto le lacrime e i sentimenti ad esse connessi anche troppo: in fondo era normale piangere, sentirsi svuotati di ogni energia dopo una missione del genere; in quel momento, però, non riusciva a ragionare lucidamente, e l'unica cosa a cui riusciva a pensare era che avrebbe voluto smettere di piangere, di mostrarsi debole di fronte a Sandyon, e recuperare un po' di contegno... solo che non ce la faceva.
Il che, ovviamente, le faceva salire ancora di più lo sconforto che, mischiandosi alla paura ancora presente in lei e al senso di colpa per aver tolto la vita ad un uomo, non faceva che aumentare ancora di più la quantità di lacrime che le colava lungo le guance, in un fastidioso circolo vizioso apparentemente senza fine.
Eppure, nonostante tutto questo, si sentiva protetta tra le sue braccia, al sicuro come mai prima nella vita: Sandyon la stava stringendo, la stava tranquillizzando in ogni modo possibile, chiedendo aiuto anche al Moguri seppur lei non lo sapesse; sentire le sue braccia calde intorno al proprio corpo tremante e scosso dai singhiozzi, percepire quel delicato bacio tra i capelli e quel suono lieve che pareva un invito a recuperare il controllo, le fece comprendere come mai prima che non era sola. Certo, aveva scelto una strada in salita, difficile oltre ogni immaginazione e tanto, tanto dolorosa, ma lui era con lei, pronto a starle accanto qualora ne avesse avuto bisogno, come il padre che già anni prima di essere ucciso Giovanni aveva smesso di essere.
Sandyon Vastnor era lì per lei, pronto ad essere quella figura paterna che tanto le serviva.
Quel solo pensiero bastava per darle speranza.
Adesso va tutto bene.
Sssshhh.
Sei stata bravissima.
Adesso guardami, ascoltami...
Scosse il capo, quasi a voler dire che non lo voleva ascoltare, che voleva concedersi qualche altro minuto - o giorno - in quel modo, col viso nascosto nel suo petto, a fare la bambina che non era mai stata veramente, cresciuta in fretta in un mondo dorato che di davvero bello aveva poco e in cui aveva imparato presto a occuparsi di se stessa da sola visto che i genitori erano troppo occupati per badare a lei: Hogwarts l'aveva formata e lei era cresciuta, ma questo non vuol dire che si fosse goduta appieno l'infanzia ed ora una parte di lei avrebbe voluto viverla per ore ed ore tra le braccia del padre acquisito che però, con le successive parole, la costrinse a scostare il volto dal suo petto per alzare lo sguardo su di lui.
Ascoltami figlia mia.
Figlia mia.
Non l'aveva mai chiamata così, prima, seppur fosse stato lui il primo a dirle di considerarlo come un padre.
Ma ora era diverso.
Arianna sentiva davvero di essere legata a lui con un legame forte come quello tra padre e figlia, un legame che andava ben oltre quello di Mentore e allieva: era il suo punto di riferimento, la sua ispirazione, il suo obiettivo, la sua forza.
Non sapeva cosa lei fosse per Sandyon, ma sperava che, nel suo piccolo, fosse perlomeno qualcosa di positivo.
Annuì verso di lui, per fargli capire che lo stava ascoltando mentre, inspiegabilmente, cominciava a sentirsi meglio, più tranquilla in un certo senso, come se qualcosa la stesse spingendo a riprendere più velocemente il proprio autocontrollo.
Essere Mercenari significa mettere in gioco la propria vita in alcuni casi.
Se non fosse morto lui, forse saresti morta tu.
Il tuo intento era solo tramortirlo ma il suo probabilmente non sarebbe stato lo stesso, credimi.
Fare questo lavoro è come andare tutti i giorni in guerra, senza sapere se si tornerà, salvo missioni facili e semplici.
Tu sei stata bravissima, mi credi?
Annuì debolmente a quella domanda che forse era pure retorica, cercando d'imprimersi nella mente quelle parole, ogni sillaba da lui pronunciata, per ripetersele come un eco infinito nella mente, come un balsamo rigenerante per le ferite del suo spirito ancora fresche e metaforicamente sanguinanti.
Bravissima.
Hai mantenuto i nervi saldi fino all'ultimo, non hai arrancato, Asher mi ha detto tutto.
Io però ho bisogno che tu rifletta bene su questa missione... Che tu rifletta se è stato davvero quello che volevi, che sognavi per il tuo futuro.
Capiterà altre volte, ucciderai ancora se necessario.
E' davvero quello che vuoi fare da adulta?
E' davvero la carriera che vuoi inseguire?
Forse non ci aveva mai pensato davvero.
Una parte di lei sapeva bene che avrebbe dovuto uccidere, non poteva certo sperare di poter mettere sempre ko gli avversari con un semplice schiantesimo... eppure non aveva compreso davvero il significato di quella consapevolezza fino a che non aveva ucciso realmente.
Sarebbe stata in grado di sopportare quella sensazione ancora e ancora?
Poteva raccontarsi che quello era una persona cattiva solo perché stava tentando di uccidere Holmberg? Forse, ma se avesse avuto una moglie, dei figli?
Non fece in tempo a rispondere, comunque, che una seconda voce familiare raggiunse le sue orecchie.
Ma dico no... Scusami tanto S.V. , te lo ricordi come stavi al tuo primo omicidio o sono l'unica nostalgica qui dentro?
Faith...
Un solo sussurro quello dell'italiana per la donna che era comparsa nella stanza, che le fece nascere un sorriso commosso sulle labbra: avrebbe voluto alzarsi ed abbracciarla, ma era ancora troppo debole per farlo perciò evitò movimenti azzardati; se però l'amica si fosse avvicinata, Arianna avrebbe teso le braccia per stringerla con tutta la forza - ben poca - che aveva in corpo, grata di avere qualcuno, oltre a se stessa, su cui contare.
Sospirò, rimanendo in silenzio per diversi secondi: a prescindere da ciò che Sandyon avesse potuto raccontare sul suo primo omicidio e su come si fosse sentito, sapeva che la decisione spettava solo a lei, e quella che sarebbe dovuta essere una riflessione mentale e silenziosa finì per essere invece condivisa con gli altri due - tre, contando Mog.
Non ho mai pensato a come sarebbe stato uccidere qualcuno... fino ad oggi non ho nemmeno mai pensato come sarebbe stato pensare di morire.
Ma è successo, ci sono andata vicina.
Eppure non sono voluta scappare.
Follia, incoscienza, o forse... fiducia. Perché essere una Mercenaria non è un lavoro per chi ha paura, e questo me l'hai insegnato tu - ed alzò gli occhi su Sandyon, una luce di determinata sofferenza negli occhi mentre lo fissava seriamente - Non credo mi piacerà mai uccidere, né penso riuscirò mai a farlo con indifferenza, senza provare dolore o dispiacere... ma chi avrò di fronte sarà una persona forte, coraggiosa, pronta a rischiare sapendo di poter morire. Io voglio arrivare ad avere quello stesso coraggio, o stupidità forse, non m'interessa.
E' questo che ho deciso di essere, è questo che voglio diventare.
Io voglio essere una Mercenaria.
Perché sento di essere nata per questo, perché non mi sono mai sentita tanto viva fino a che tu non mi hai fatto capire di cosa fossi capace... ed ho sentito che la mia vita aveva un senso quando ho deciso di seguire le tue orme - e che per Vastnor fosse una cosa positiva o meno, non avrebbe saputo dirlo - Perciò sì, è questo ciò che voglio. Magari all'inizio dovrai... anzi dovrete - e sorrise appena a Faith - aiutarmi a recuperare lucidità, ma... non scapperò, né mi tirerò indietro.
Oggi ho dimostrato a me stessa di essere una Principessa Guerriera... Xena, così mi sono fatta chiamare da Velarko, così spero di diventare conosciuta tra i Mercenari che dovranno tremare al solo sentir pronunciare questo nome - tornò con lo sguardo solo su Sandyon, sicura che Faith non se la sarebbe presa se si fosse concentrata più su di lui, ma era una questione... di famiglia - E' questo ciò che voglio, papà.
Io voglio diventare la Mercenaria numero uno del mondo, voglio diventare più brava di te.
Voglio mantenere la mia promessa.