Sicuro che sia davvero ciò che vuoi?
Vuoi scoprire chi ti ha costretto a scegliere?
Eccola la domanda fatidica. Lo scozzese rimase fermo in quella posizione. Tentennò realizzando davvero quello che stava per accadere. Deglutì sonoramente rimanendo in silenzio. Voleva davvero vedere? Voleva davvero sapere? Gli occhi verdi si girarono verso la tomba del pastore. La lavanda era ancora lì placida, come ricordo di quel momento così doloroso per il professore. Si umettò il labbro superiore. Voleva davvero scoprire? I pugni si strinsero in una morsa. Non poteva rimanere nell'ignoranza, doveva sapere. Poi tutto cominciò a sparire, come se quella voce avesse inteso la risposta del professore come un'affermazione. Si cominciò a guardare intorno, era confuso, impaurito a suo modo. Si sentiva in balia di qualcosa più grande di lui quando al posto della bellissima foresta dove aveva fatto quelle stranissime scelte si ritrovò in una stanza grigia. Gli occhi smeraldini scivolarono su quelle pareti di un unico colore, un colore neutro, freddo. Non si accorse della sedia, né dell'uomo seduto su di essa. Almeno non subito.
Sono io la persona che cercavi.
Le iridi si spostarono su...Simon? il nostro professore sgranò gli occhi. Aveva davanti ai suoi occhi una sua copia perfetta. Aveva però un qualcosa di diverso. Lo scozzese continuò ad osservarlo anche quando si alzò dalla sedia. Pure nei suoi movimenti si differiva dal Simon reale. Era più deciso, più sicuro di se. Assolutamente non era una copia perfetta, magari fisicamente, ma caratterialmente erano l'opposto. Un cenno di diniego con la testa. Tutto era surreale per Simon, non poteva essere vero, non poteva essere la realtà. Si sentì a disagio improvvisamente, come se qualcuno gli avesse tolto una parte di anima e resa fisica. Non gli piaceva, non gli piaceva per niente. Ancor di meno gli piacque quello che disse.
Eccomi, sono qui.
Sei arrabbiato, non è vero? Non ti piace fare delle scelte... non ti piace dover decidere per te stesso, figuriamoci per gli altri. Eppure guarda, guarda dove sei arrivato, dove ci hai fatto arrivare.
Non quando devo decidere la morte di un essere vivente!
Ringhiò quasi al suo se stesso. L'istinto, l'impulsività stava prendendo il sopravvento. Non riuscì a controllare la rabbia, il dolore che provò pochi minuti prima. Gli occhi erano ancora lucidi, pronti a far sgorgare di nuovo lacrime amare. Si sentiva sporco, si sentiva...sbagliato. Tutto per colpa di quella persona, se stesso, la voce che sentiva nella testa e che cercava di spronarlo. Si morse il labbro inferiore talmente forte da spaccarselo. Cercava in tutti i modi di non saltare addosso al suo interlocutore, di non ferirlo... ancora.
Non abbiamo amici, non abbiamo una compagna, non abbiamo delle relazioni tra colleghi: è perché siamo antipatici? E' perché non sappiamo stare in mezzo alle persone? E' perché non abbiamo argomenti di cui parlare?
No... il problema è che non sei intenzionato a metterti in gioco, hai paura di farlo.
Meglio di stare da soli, vero Simon? Hai dimenticato quanto abbiamo sofferto?
Stai zitto!
Un sussulto a quelle parole, si strinse nelle braccia. Tremava, tremava di paura, tremava di dolore. Quella persona pareva conoscerlo bene. Chiuse gli occhi, si strinse ancora di più. Dolore, tanto dolore cominciò a salire ed a pervadere tutto il corpo del professore. Ricordi che ritornavano alla mente. Momenti che aveva rimosso o semplicemente dimenticato. Come quella scena della partita di Quidditch. Si rivide adolescente, vide come allontanò i ragazzi che l'avevano invitato. A quei tempi pensava di aver fatto la cosa giusta. Pensava di non aver fatto un torto a nessuno. Poi quella voce nella sua testa, quello che non l'aveva mai lasciato. Poteva sentire i pensieri del giovane Simon.
Quanto sono stupido... cosa mi sarebbe costato dire di sì? Cosa sarebbe potuto succedere di così grave, che non fossi bravo quanto loro? Sei proprio senza speranza, Simon...
Già, era proprio senza speranza. E lo era sia a diciassette anni che a trenta. Non era cambiato di una virgola. Aveva sempre rinunciato al confronto. Non voleva mettersi in mostra, non voleva essere al centro dell'attenzione. Almeno era quello che pensava a quei tempi. Forse, non era tutto giusto...
Già, hai sempre evitato il confronto, il dialogo, per paura di non essere all'altezza.
Credevi fosse la scelta più saggia, ma dentro di te sapevi di sbagliare... e ti dirò di più: pensavi anche che, evitando le persone, facessi un torto solo a te stesso, ma... indovina...
Un'altra scena. Erano i ragazzi di prima. Ascoltò i loro discorsi e piano piano sgranò gli occhi. Voleva solo essere gentile nei confronti di Simon. Perchè non ci aveva pensato? Cadde in ginocchio, sempre stringendosi nelle braccia. Non ce la faceva più, era arrivato al limite. Le lacrime tornarono a scendere copiose, indisturbate. Provava un dolore immenso, una delusione nei suoi stessi confronti. Singhiozzò nel frattempo puntando la fronte verso il pavimento lucido, grigio come erano le mura. La copia invece era in piedi davanti a lui. Indifferente a tutto quel dolore che forse era lui stesso a voler fargli provare. Era un'altra prova? O era semplicemente sadismo?
Comportandoti in quel modo non hai fatto un torto solo a noi, ma anche a chi ti circondava: quante volte hai ferito le persone senza accorgertene per... cosa? Paura? Imbarazzo? Disagio? Ma disagio per cosa, poi?
Siamo adulti ormai, Simon, è ora di darsi una svegliata! Ma tu sei pronto? Vuoi finalmente imparare a crescere o no?
Le ultime parole furono come una pugnalata alla sua schiena. Chiuse gli occhi. Stava cadendo in un oblio senza fine. Non sarebbe più stato lo stesso dopo quell'esperienza, sempre se fosse tornato... Fece diversi respiri profondi. Alla fine aveva tirato fuori tutto il dolore che provò negli ultimi vent'anni. Lentamente mosse una gamba, piegandola per farsi da leva. Le braccia scesero lungo il corpo. Ritornò eretto con la schiena, lo sguardo sempre verso il pavimento.
Noi?
Disse con voce atona, davvero diversa dalla sua calda e gentile. Domanda semplice alla sua copia mentre alzava lo sguardo per fissarlo. Occhi glaciali i suoi. Non l'avrebbe mai perdonato per quelle parole, però... aveva ragione. Fece un passo in avanti non distogliendo lo sguardo cupo. Gli occhi verdi erano più spenti, non avevano quella luce intensa che era solito mostrare agli altri.
Vero, ho sempre rifiutato qualsiasi relazione. Ho sempre pensato che da solo non avrei mai fatto un torto a nessuno. Poi sono successe tante cose, tanti avvenimenti che mi hanno fatto vedere anche un'altro lato di me stesso. Ho conosciuto molte persone importanti, come tutti i miei collegi e gli studenti. Ho combattuto contro creature che non avevo mai visto in tutta la mia vita. Mi sono cominciato ad aprire con gli altri, ho anche insegnato gli scacchi a Tisifone!
Fece una piccola risata, una risata divertita e triste allo stesso tempo, il dolore che provava per quei ricordi per tutta quella prova aveva segnato il cuore del povero professore, ci sarebbero voluti giorni per farlo ritornare lo spensierato professore di sempre. Si umettò le labbra non staccando gli occhi dalla sua copia, fece un altro passo in avanti verso di lui.
Sto crescendo, ma lo sto capendo piano piano, non c'è bisogno che sia un'avvenimento così veloce. Come per un bruco, anche per me c'è bisogno di tempo per uscire dal mio bozzolo, ma il mio momento sta per arrivare, me lo sento. Sono sveglio ora, e sto guardando il Mondo con occhi diversi, ma voglio crescere a modo mio.
Fece un altro passa in avanti, quasi a imporre la sua presenza su quella dell'altro, infondo era quasi un combattimento all'interno della sua essenza.
Tu hai ragione e grazie alle tue parole ho capito quello che devo fare, devo smetterla di mettermi in disparte, devo iniziare a mettermi in gioco. Devo viverla la mia vita!
Concluse ora fissando il se stesso più maturo, ora, forse, sembravano quasi la stessa persona, lo sguardo del nostro Simon si rifletteva in quello della sua copia. Non aveva più niente da dire. La prova era finita, aveva scelto, voleva crescere!