Lo so Indigo. Più di quelli che si possono conoscere in una intera vita. Questa è il mio unico lamento a causa della mia mortalità. Ma dall'altra parte sono felice di esserlo. Essere immortale e sapere tutto. Non è così allettante quando vedi le persone care invecchiare e morire. E tu rimani l'unico. Eterno. No, non fa per me.
L'eternità sarebbe bella solo se si avesse qualcuno con cui passarla. Da soli sarebbe una condanna infinita, qualcosa che non augurerei mai a nessuno... - convenne Indigo con un lieve cenno di assenso del capo - E poi, a cosa servirebbe conoscere ogni cosa se non si potesse condividere la propria sapienza con gli altri?
Saggia, così pareva essere la Druida; d'altronde era stata cresciuta in un villaggio che posava le proprie basi su quel principio, quello secondo cui la conoscenza la si doveva tramandare da una generazione all'altra. Per questo esistevano i Druidi Guida, che prendevano per mano i Druidi Giovani lungo il difficile cammino della comprensione del Mana; anche Indigo, al tempo, era stata presa per mano da una Guida... ma poi era stata lasciata, abbandonata, rinnegata per essersi difesa dai continui scherni altrui, espressi per invidia, per gelosia. Non si era mai pentita di quel gesto, tornando indietro l'avrebbe rifatto mille volte... ma per quanto le desse fastidio ammetterlo, anche a se stessa, ogni tanto la comunità druidica di Pirin, i suoi genitori e i suoi Maestri, le mancava un po'. L'Acqua non smetteva un secondo di cullarli mentre parlavano immersi in essa, esterni alla superficie solo dal collo in giù: e per quanto la ragazza fosse in realtà in grado di usare i propri poteri anche per respirare sott'acqua senza alcun problema, non le sarebbe parso né bello né conveniente farlo di fronte a lui; ci sarebbe stato tempo, per Indigo, di godersi quell'Elemento in solitaria tranquillità. Parlavano tranquilli, dolcemente abbracciati dall'Elemento ora calmo, pacato che li circondava, eppure i discorsi che facevano erano profondi e seri, in netto contrasto con l'immagine che davano lei e Simon dall'esterno.
Non è profonda. E' il mio modo di vederla. Sono stato cresciuto da...ehm...persone... che mi hanno insegnato molte cose e, una di queste, era proprio il fatto di essere tutti collegati.
Sono persone molto sagge, quelle che ti hanno allevato.
Commentò solo la Druida, un sorriso gentile che le apriva le labbra scoprendo i denti bianchi, regolari, perfetti al punto da sembrare quasi impossibile che appartenessero ad un essere umano: in effetti, tutto di lei sembrava troppo bello per essere vero, ma forse era il Mana a rendere lei, come tutti i suoi fratelli degli Elementi, perfetti in ogni dettaglio. Notò il ciondolo che Simon aveva al collo, ma non gli fece domande a riguardo, posandovi sopra le iridi color cioccolato protette dalle lenti degli occhiali da Sole per qualche secondo prima di tornare su di lui: era un ciondolo particolare, del colore che ricordava la Terra, e per questo apprezzato dalla ragazza che, però, decise di riservare certe domande ad altri momenti, ipotizzando quindi che, prima o poi, i due si sarebbero incontrati nuovamente dopo quella giornata. E forse lo stesso McDullan sperava di rivederla, poiché lei non gli era indifferente, o almeno questo evinse - I/P 38 - Indigo dal suo comportamento, dal suo sguardo, un'ipotesi che espresse con sicurezza pacata poco dopo, facendolo arrossire di rimando.
Beh...sarei un bugiardo se dicessi di no. Oggettivamente nessuno può dire che tu non sia attraente. Io...Io...ehm...non volevo...sembrare opportuno. Mi dispiace. Sai...non sono quel tipo di persona.
Non mi hai infastidita, anzi... ne sono lusingata.
Replicò Indigo, senza perdere il suo sorriso. Insomma, che un uomo la trovasse attraente era sempre una cosa che faceva piacere ad una donna, e coloro che dicevano il contrario, beh, mentivano, di sicuro. Però, era pur vero che Simon non sapeva quasi niente di lei, mentre la Druida aveva scoperto molte cose di lui: ma lei era fatta così, non si scopriva troppo, preferiva rimanere avvolta il più possibile dal mistero, in qualsiasi situazione.
Sarebbe bello rimanere qui per sempre, vero? - mormorò Indigo con voce nostalgica ora, come se stesse pensando a qualcosa in particolare che la rendeva un poco più triste - Sfortunatamente per me, mi tocca tornare alla vita reale... c'è qualcuno che mi aspetta, lontano da qui.
Dominique, per la precisione, ma era abbastanza ovvio che la Druida non si sarebbe messa a fare nomi proprio ora; sorrise a Simon, un po' malinconica, sfilandosi intanto gli occhiali da Sole per poterlo guardare dritto negli occhi coi suoi, velati in quel momento di qualcosa simile ad una triste rassegnazione.
Potrò venirti a trovare ad Hogwarts, qualche volta?
L'eternità sarebbe bella solo se si avesse qualcuno con cui passarla. Da soli sarebbe una condanna infinita, qualcosa che non augurerei mai a nessuno... E poi, a cosa servirebbe conoscere ogni cosa se non si potesse condividere la propria sapienza con gli altri?
Sagge parole quelle che diceva la druida al Professore, il quale continuava a muovere quelle gambe in modo da rimanere a galla con la testa. Annuì almeno continuando ad osservarla. Chinò la testa di lato rimanendo comunque in silenzio. Ogni parola della Druida era come una strada nostalgica verso il passato. Sembrava quasi di parlare con Nyssa. Per quello lo aveva preso sotto la sua custodia. Insegnatogli l'amore per la natura ed il rispetto. L'accettazione degli elementi. Non usarli però, convivere e richiedere il loro aiuto quando serviva. Certo, Simon era più vicino agli animali che alle piante. Forse per un fatto caratteriale. Ed anche per questo che riuscì facilmente a diventare Animagus. Si morse il labbro inferiore continuando ad ascoltare le parole della ragazza.
Sono persone molto sagge, quelle che ti hanno allevato.
Neanche lui ancora si azzardava a dire chi erano queste "persone". Certamente non poteva dire di non fidarsi della Donna. Ma come lei era reticente con la sua vita, anche lui fece lo stesso, non per ripicca. Rimase ancora in silenzio mostrandole solo un lieve sorriso compiaciuto a quelle parole. Alla fine sentire dei complimenti seppur indiretti verso Nyssa , Romualdo, Alderico, Vensennia e gli altri del circolo di Stonehenge gli faceva molto piacere.
Non mi hai infastidita, anzi... ne sono lusingata.
Oh! Allora va bene. Senti...non è che...
Stava cominciando a dire quando si fermò sentendo lei cominciare a dire le sue ultime parole della giornata.
Sarebbe bello rimanere qui per sempre, vero? Sfortunatamente per me, mi tocca tornare alla vita reale... c'è qualcuno che mi aspetta, lontano da qui.
Eccolo qui. C'era qualcosa che non andava. Adesso aveva capito tutto. C'era qualcuno che l'aspettava. Un cenno di diniego con la testa. Un sorriso un poco amaro come si fosse illuso di qualcosa e poi questa illusione fosse scivolata via con le onde del mare. Rimase in silenzio guardandola. Sembrava così strano, bello. Ma ogni cosa aveva la propria fine. E così finì anche quella giornata rilassante ad Okinawa.
Giusto...Anche io devo andare...ho un aereo per Londra questa sera...
Disse poi con un tono più basso osservando il cielo. le nuvole che sparivano sempre di più lasciando spazio a quel sole che spaccava le pietre. Non parlò subito ma fece diversi respiri profondi. Facendosi cullare ancora da quell'elemento. Come diceva lei. Cercava di ritrovare quella calma, non far intuire alla ragazza che ci fosse qualcosa che non andava. Si morse prima il labbro inferiore e poi quello superiore sentendo le altre parole da Indigo.
Potrò venirti a trovare ad Hogwarts, qualche volta?
Certo.
Disse soltanto verso di lei mettendosi in posizione eretta ed osservare i suoi occhi nocciola oltre gli occhiali da sole. Rimase fermo qualche minuto ad osservare il suo sguardo magnetico. Si diceva che gli occhi erano lo specchio dell'anima. Che tipo di anima poteva avere Indigo. Calma, placida, ma anche scura, abissale quasi? Eppure ci sono momenti di luce in quel suo sguardo così particolare, intriso di sensazioni aliene al Professore.
Quando vuoi basta che mi mandi un gufo e chiedo il permesso!
Beh magari non potrà nascere niente tra i due. Ma avere un'amica non era mai stato male per il Professore. Una persona in più con cui parlare era sempre ben accetta. E Lei era accettata a prescindere.
Qualcuno che l'aspettava da un'altra parte, sì, lei ce l'aveva; si riferiva a Dominique, ovviamente, ma non poteva certo pretendere che Simon lo capisse, e d'altronde non le ci volle una gran testa - I/P 38 - per capire che lui avesse del tutto frainteso il senso delle sue parole.
Giusto...Anche io devo andare...ho un aereo per Londra questa sera...
Peccato dover rientrare, ma la vita continua a scorrere fuori dall'acqua, vero? - commentò la Druida con un sorriso malinconico, un poco triste dal doversi allontanare da lì, da lui - Sfortunatamente per me, non posso esimermi dal salutarti... la mia amica Dominique si preoccuperebbe troppo, se non mi vedesse tornare.
Amica. Ecco la parola chiave che probabilmente avrebbe tranquillizzato McDullan, o l'avrebbe portato a prendersi in giro da solo per aver pensato male: un'amica, perché era così che lei considerava la francese facente parte della misteriosa e letale Setta dei 12. Ciò nonostante, comunque, pur dovendosene andare Indigo si premurò di sapere se si sarebbero potuti incontrare ancora, magari nei pressi di Hogwarts visto che il docente insegnava proprio lì.
Certo. Quando vuoi basta che mi mandi un gufo e chiedo il permesso!
Lo farò sicuramente, mi troverai nei pressi della Foresta Proibita, si chiama così la zona verde fuori dai confini, giusto? - replicò la ragazza, non essendo totalmente sicura di aver detto la cosa giusta - Allora a presto... Simon McDullan.
Si avvicinò al suo viso e vi poggiò sopra un delicato bacio sulla guancia, alzandosi gli occhiali da Sole con la mano destra e strizzandogli poi l'occhio con aria divertita, prima di riposarseli sul naso, dargli le spalle ed uscire ancheggiando dall'Acqua, così da ritornare sui propri passi e riprendere i vestiti, che però non avrebbe indossato, scomparendo all'interno della cabina dentro la quale si era cambiata. Una giornata diversa ma piacevole... così come l'uomo un poco timido che, però, si era rivelato essere pieno di sorprese.
La prima settimana la passarono a Shizuoka, dentro casa dello zio, soltanto loro due e nessun altro, parlando sempre e solo in giapponese. Yamato aveva fatto riscoprire a Miyabi il piacere di parlare nella sua lingua madre, di mangiare cibo tradizionale e passeggiare per i negozi tipici di quella cultura così diversa da quella occidentale, sperando che questo la aiutasse a calmarsi, star meglio, vivere sul serio. Il ricordo dei genitori defunti però, accompagnava la giovane studentessa ogni giorno, tal volta anche la notte, così che l'uomo la raggiungeva in camera ascoltando le sue lacrime e i suoi urli in preda agli incubi più tremendi, abbracciandola e rimanendo con lei per il resto delle ore. Da quando le aveva fatto assaggiare una particolare tisana rilassante, i brutti sogni erano diminuiti e se non altro la perseguitavano solamente prima del levarsi del sole e non più durante i riposi pomeridiani od anche le riflessioni a occhi aperti. Non si era mai spostato per andare a lavorare o le aveva sottratto tempo per suoi impegni personali, la portava ovunque con sé: a fare la spesa, a passeggiare per i parchi, a concerti di musica tradizionale e classica e in ristoranti esclusivi che servivano il sushi più buono della nazione. Più di una volta la piccola si scusò per essere la causa della poca momentanea dedizione alla carriera dello zio, ma il Sole scosse sempre il capo sorridendole, spiegando quanto nella vita esistessero delle priorità fondamentali e tra queste, al primo posto, prima del suo denaro c'era lo spirito della nipote che necessitava di aiuto per tornare sulla retta via della luce e della crescita interiore. A tal proposito, Yamato aveva già pensato al primo vero luogo differente e particolare dove condurre la ragazzina, il luogo dove le avrebbe fatto un lungo e solenne discorso con al termine una domanda fondamentale e già pianificata da diverso tempo, fin da quando era rientrato in patria dopo averla incontrata la prima volta ad Hogwarts. Una mattina, accompagnati dal caldo tempo estivo giapponese, l'Ignis Elios condusse Miyabi presso l'isola di Okinawa, più precisamente, sul pavimento di legno di un ponte immerso nel silenzio e nella pace beata e assoluta delle acque di un grande lago. In lontananza, all'altezza di un piccolo tempio dall'altra parte del ponte, si udiva lo strimpellare di un "koto" e il suono sordo delle canne di bambù che oscillavano colpendosi tra loro. Pochissime nuvole a decorare il cielo azzurro, qualche libellula volante qua e là e una luce che rappresentava l'orario effettivo, di poco oltre le 14:00, presumibilmente. Arrivati fino al centro della grande struttura ad arco, si fermarono, così l'uomo poté appoggiarsi con le braccia sul parapetto di legno, osservando dall'alto verso il basso la piccola nipote che nel mentre dava morsi delicati ad uno degli spiedini di calamaro comperati ad un chioscetto vicino.
Soshite `yoi?
[ E' buono? ]
Anche quel giorno indossava degli abiti tipici della loro cultura, solo che il kimono sfoggiava dei colori simili a quelli della Casata della ragazza. Ovviamente il significato era diverso, per lui rappresentavano fuoco ed elettricità, ma non poteva certo stare a spiegarlo. Le aveva chiesto di indossare il kimono da lui regalato tre giorni prima, di colore viola spento e fantasie floreali con un bel fiocco grande bianco dietro la schiena utilizzato per chiudere il vestito e renderlo più grazioso, femminile. Quando aveva visto la piccola illuminarsi un po' di più nel vederlo dietro la vetrina di quel negozio del centro, non ci mise che dieci secondi ad entrare e prenderglielo, così da prolungare ulteriormente quella accennata felicità improvvisa e genuina. Sapeva che le avrebbe fatto bene al cuore e soltanto lui era in grado di curarla.
Anata ga shitte iru, karera wa, koreha shinpi-tekina hashidearu to iu. Densetsu ni yoru to, sen'nenmae, yūrei ga, karera wa anata ga anata no shita ni ima mi minamo ni ochita kare no aisuruhito to jibun no namida ni chikai taizai suru nōryoku o ushinatte irunode, ōkina itami no tame ni naita koto o iwa rete imasu. Shōgen wa, u~izādo ya majo ga kokoro no heian no jōtai ni tōtatsu shi, sorera ni aisuru dareka no shi o kanashimi ni taisho suru toki, sore ga korera no kaiiki ni han'ei sa rete iru baai wa, sorera no hitobito no sugata ga kare no soba ni arawareru to iu... Shinji rarenai hodo, sore wanaidesu ka? Kono hashi no namae wa "Toranjishon" desu. Sore ga imi suru... Watasu.
[ Sai, si dice che questo sia un ponte mistico. La leggenda narra che mille anni fa, un fantasma riuscì a piangere per il dolore così grande di aver perso la possibilità di stare vicino ai suoi cari e le sue lacrime caddero proprio sulla superficie dell'acqua che vedi adesso sotto di te. Delle testimonianze affermano che quando un mago o una strega raggiungono uno stato di pace interiore e affrontano il dolore per la morte di qualcuno a loro caro, allora le figure di quelle persone appaiono al suo fianco quando si specchia in queste acque... Incredibile, non trovi? Il nome di questo ponte è "Toranjishon". Significa... Trapasso. ][/tahoma]
Non c'erano altre parole con cui Miyabi avrebbe potuto descrivere il paesaggio che aveva di fronte: la sua prima settimana a Shizuoka era stata quasi un sogno, un'evasione perfetta dalla realtà. Di giorno andava in giro con Yamato praticamente ovunque, visitando la città e mangiando in tanti posti tradizionali, soprattutto il sushi che tanto le piaceva - e in Inghilterra non si poteva dire che ci fossero molti locali dove lo sapevano fare bene; era la notte il vero problema, quando si svegliava urlando e piangendo… a volte non si svegliava nemmeno, rimaneva preda degli incubi, e non sapeva come sarebbe finita se Yamato non fosse stato ogni volta accanto a lei. Lo zio era sempre pronto a tranquillizzarla, anche nel sonno, quando l'abbracciava e le sussurrava che non era sola fino a quando non smetteva di urlare e piangere: per fortuna negli ultimi tempi le cose andavano un po' meglio, grazie ad una tisana che l'uomo le aveva procurato e che le permettevano di dormire più serenamente almeno parte della notte. Aveva provato, i primi giorni, a dire a Kusanagi che almeno di giorno poteva lasciarla sola, che poteva anche riprendere i propri impegni e farla girare da sola per Shizuoka, tanto conosceva la lingua e non c'era pericolo che si perdesse, ma lui si era sempre rifiutato, impegnandosi con decisione e fermezza a farle compagnia ogni giorno, ovunque; e Miyabi aveva lentamente imparato, col passare delle ore e dei giorni, ad aprirsi un po' con lui, a parlare un po', non dei parenti e della loro morte, ma del resto. Gli aveva raccontato della scuola, del Coro, di Ethan soprattutto e di Kuro-chan, che si era portata appresso quando la Preside le aveva dato il permesso di lasciare momentaneamente la scuola per seguire lo zio nella sua città; non stava bene, non era serena, ma sicuramente era meno devastata di quando era partita dal Castello. Si vedeva nelle piccole cose, come l'aver ripreso a mangiare più o meno normalmente - era Yamato, spesso, a spingerla in tal senso: anche in quel momento, ad esempio, stava mangiando la Giapponese, dando piccoli morsi ad uno spiedino di calamaro che lui le aveva comprato poco prima.
Soshite `yoi?
Hai! (Sì!)
Esclamò la ragazza, annuendo anche col capo: lo sguardo era perso nell'orizzonte, in quel panorama che le riusciva a mozzare il fiato; si trovavano al centro di un ponte di legno ad Okinawa - una struttura che non diceva niente nel mondo babbano, ma che invece era piuttosto conosciuto nel mondo magico giapponese - che dava su un lago circondato dal verde nel quale si specchiava il Sole del primo pomeriggio. Per quell'occasione speciale indossava il kimono che Yamato le aveva regalato dopo aver visto lo sguardo della Giapponese di fronte alla vetrina del negozio che lo vendeva: non aveva mai posseduto un kimono tutto suo, anche se l'avrebbe sempre voluto perché faceva parte della sua tradizione, della sua cultura… e quando Kusanagi le aveva fatto quel dono, aveva sentito il proprio cuore battere più forte, quasi come se per qualche istante fosse tornato quello di sempre. Quell'abito la faceva sentire più vicina a ciò che aveva perso, ed in qualche modo mitigava parte del dolore provato: si era impegnata molto per indossarlo correttamente, aveva indossato i classici zoccoli giapponesi, aveva acconciato anche i capelli secondo la tradizione giapponese, fermandoli parzialmente all'indietro con un fermaglio che comprendeva un fiore rosa ornamentale, poggiato lievemente sull'orecchio destro.
C'era una grande pace, intorno a loro, ed una lieve musica nell'aria diffusa grazie al suono di uno strumento giapponese tipico, il koto che si confondeva con quello delle canne di bambù: erano delle atmosfere, dei paesaggi, che Miyabi aveva temuto di non poter più vedere, di non poter più vivere, perché non c'era più nessuno che poteva accompagnarla o prendersi cura di lei… ma Yamato aveva reso tutto nuovamente possibile. Lui forse non se ne rendeva ancora conto, ma già l'aveva salvata.
Anata ga shitte iru, karera wa, koreha shinpi-tekina hashidearu to iu.
Dō ya~tsu te? (Come?)
Domandò la Stevens voltando parzialmente il viso verso di lui per guardarlo negli occhi, parte dello spiedino ancora da mangiare stretto nella mano destra.
Densetsu ni yoru to, sen'nenmae, yūrei ga, karera wa anata ga anata no shita ni ima mi minamo ni ochita kare no aisuruhito to jibun no namida ni chikai taizai suru nōryoku o ushinatte irunode, ōkina itami no tame ni naita koto o iwa rete imasu.
Watashi wa yūrei nakude kimasendeshi to shinji rare... (Credevo che i fantasmi non potessero piangere…)
Mormorò Miyabi, che nelle leggende un po' ci credeva, convinta che contenessero un fondo di verità: in fondo veniva da un mondo magico in cui tutto era possibile, quindi perché negare a prescindere la possibilità che fosse vero?
Shōgen wa, u~izādo ya majo ga kokoro no heian no jōtai ni tōtatsu shi, sorera ni aisuru dareka no shi o kanashimi ni taisho suru toki, sore ga korera no kaiiki ni han'ei sa rete iru baai wa, sorera no hitobito no sugata ga kare no soba ni arawareru to iu... Shinji rarenai hodo, sore wanaidesu ka? Kono hashi no namae wa "Toranjishon" desu. Sore ga imi suru... Watasu.
Anata wa sore ga hontōni kanōsei ga arimasu to omou ka? Mahō no monogatari wa, anata ga vu~ēru norikoeru ichido yūrei ga, watashi wa modoru iku koto ga dekinai koto o kyōji shite... (Tu pensi che sia davvero possibile? La storia magica insegna che i fantasmi, una volta passato il Velo, non possono tornare…)
Commentò la ragazza, dubbiosa, spostando lo sguardo da Yamato alle acque del lago che si estendevano sotto e di fronte a lei, quella superficie totalmente piatta, calma, immobile.
Shikashi, watashi wa sore ga sorera o minaoshite ureshīdesu ne... Sorera o mukaeru. (Però immagino sia bello poterle rivedere… e salutarle.)
Ammise con un sospiro leggero, abbassando lo sguardo verso un punto imprecisato sotto di sé.
[tahoma]Watashi wa yūrei nakude kimasendeshi to shinji rare... Anata wa sore ga hontōni kanōsei ga arimasu to omou ka? Mahō no monogatari wa, anata ga vu~ēru norikoeru ichido yūrei ga, watashi wa modoru iku koto ga dekinai koto o kyōji shite...
Shikashi, kono sekai o samayō yō ni taizai suru eien no shifuku o hōki yūrei, sore ni toritsukeru tame, tan'ni amarini mo ōku arimasu. Kaidan naite wa mezurashī to kangae raremasuga, wareware wa fukanō to naru yō ni fugōrina yō ni kare ni mite, odoroki ni michita sekai ni iki, dare ga iru sa rete iru koto?
[ Ci sono però fantasmi che rinunciano alla beatitudine eterna per rimanere a vagare su questo mondo, a volte semplicemente per il troppo attaccamento ad esso. Uno spettro che piange è da considerarsi racconto insolito, ma chi siamo noi, residenti in un mondo così ricco di sorprese, per reputarlo talmente assurdo da essere impossibile? ]
Miyabi spostò il suo sguardo verso il lago, in basso, rinunciando per qualche secondo a gustare il suo buonissimo spiedino. Yamato si prese un attimo per rimirarla silenziosamente, osservandone i tratti, l'intensità degli occhi e la lucentezza della capigliatura. Non avevano molto in comune, questo perché il quarto era un grado così lontano che i piccoli tratti simili si andavano perdendo e sostituendosi. Tuttavia, da quando aveva cominciato a trascorrere il tempo con lei, si era affezionato a tal punto da essersi quasi dimenticato che il loro legame di sangue era così rarefatto. Si sentiva uno zio di terzo o anche secondo grado, più vicino a lei di quanto nella realtà non fosse. La cosa non lo spaventava: possedeva tutte le risorse per farla vivere agiatamente e sostenerla lungo gli studi e l'inizio del lavoro, qualunque avesse scelto per la propria vita, quindi non rappresentava affatto un peso. Il viso di quella bambina somigliava al petalo di un fiore di ciliegio, delicato, candido e profumato ma calpestato al terreno, staccatosi dall'albero. L'uomo promise a sé stesso che l'avrebbe aiutata a tornare sul ramo, ricongiungersi con tutti gli altri petali e ricominciare a sorridere. Certo, buona parte dell'albero era ormai del tutto compromessa e priva di vita, arida e isolata, ma un'altra faceva crescere ancora rigogliosi petali di ogni grandezza dall'aroma intenso e speciale: amici, conoscenti, animali, parenti lontani, colleghi futuri e sicuramente un giorno l'amore.
Shikashi, watashi wa sore ga sorera o minaoshite ureshīdesu ne... Sorera o mukaeru.
Jūyōna koto wa, sorera no gazō ni muchū ni naru koto wa arimasen. Egao de watashitachi ni daini ni sorera o saido sanshō shite, watashitachi no unmei to watashitachi no saidai katsu mottomo kon'nan'na kadai o ninshiki shite, kono chikyū-jō ni aruku koto o keizoku suru yorokobi no tame ni naku: Karera no tame ni ikiru.
[ L'importante è non diventare poi ossessionati da quelle immagini. Sorridere e piangere di gioia nel rivederle un secondo a noi e poi continuare a camminare su questa terra consci del nostro destino e del nostro compito più grande e difficile: vivere anche per loro. ]
La mano sinistra del Sole si avvicinò al capo della ragazza e, imprimendo un poco di calore in essa, Yamato le fece una carezza gentile. Non erano ancora in una grandissima confidenza da permettersi atteggiamenti troppo affettuosi, difatti gli abbracci più lunghi e duraturi avvenivano solo quando la studentessa si svegliava nella notte in preda agli incubi e non riusciva a riaddormentarsi. Egli sapeva però che solo stabilendo un contatto più stretto e sincero con lei avrebbe permesso alla sua anima di avvicinarsi abbastanza a quella della nipote e risvegliarla dalla pietrificazione ormai da troppo tempo opprimente e distruttiva. Ammirava la forza di spirito ch'ella ostentava in ogni azione e in ogni parola, fin dal giorno del loro primo incontro, ma quello spirito continuando a resistere al dolore così strenuamente senza un aiuto valido si stava sbriciolando giorno dopo giorno e se lo zio non avesse posto rimedio in fretta, Miyabi presto avrebbe corso incontro ad una depressione pressoché totale. Attese che la giovane si voltasse per guardarlo un momento negli occhi, poi, diventando immediatamente più serio e solenne, decise di parlarle di una proposta, anzi, una serie di proposte importanti alle quali aveva pensato da molto tempo.
Miyabi, watashi no oi... Anata ga budō to meisō o tōshite anata no uchigawa ni itami o keigen suru tame ni kanojo o oshietara dō omoimasu ka? Watashi wa betsu no 3kagetsu-kan Nihon ni so' d, 12 tsuki no hajime made, watashitoisshoni anata o tamotsu tame ni kyoka o fuku gakubu-chō o motomerudarou. Watashi no oshie o tōshite anata no ishiki to jisei no shiroi nuno de sore o rappu suru koto ni yotte, aku kakushitede wa naku, hontōni anata o kyōka suru hōhō o gakushū shimasu. Sore wa nagai tabi... Shikashi, watashi wa anata ga sore o okonau koto ga dekiru to omoimasu.
[ Miyabi, nipote mia... Che ne diresti se ti insegnassi a ridurre il dolore dentro di te attraverso le arti marziali e la meditazione? Vorrei chiedere alla Vice Preside il permesso per tenerti con me fino ad inizio Dicembre, dunque rimarresti in Giappone per altri tre mesi circa. Attraverso i miei insegnamenti apprenderai come fortificarti davvero, non nascondendo il male ma avvolgendolo in un panno bianco di consapevolezza e autocontrollo. E' un percorso lungo... Ma credo che tu possa farcela. ][/tahoma]
Shikashi, kono sekai o samayō yō ni taizai suru eien no shifuku o hōki yūrei, sore ni toritsukeru tame, tan'ni amarini mo ōku arimasu. Kaidan naite wa mezurashī to kangae raremasuga, wareware wa fukanō to naru yō ni fugōrina yō ni kare ni mite, odoroki ni michita sekai ni iki, dare ga iru sa rete iru koto?
Hai.. Watashi mo sō omotta. (Sì... l'ho pensato anch'io.)
Commentò Miyabi, annuendo: quando si viveva nel mondo babbano si poteva anche essere scettici su certe cose... ma loro, che vivevano nel mondo magico - lei era una Natababbana, certo, ma possedeva la scintilla magica e poteva dunque inserirsi in quella categoria - non potevano assolutamente negare l'esistenza di qualcosa, o affermare a prescindere che quella possibilità non esistesse; se anche nessuno aveva mai visto dei fantasmi che piangevano, ciò non significava di riflesso che non potessero farlo. Si era persa a guardare il lago, ad ammirarlo così come Yamato stava ammirando lei, senza che però la Giapponese se ne accorgesse: stava meglio da quando era partita, e sapeva dentro di sé che al 99% era merito proprio dello zio, che si stava prendendo cura di lei come se fosse sua nipote di primo grado, altro che di quarto; il restante 1%, invece, era, secondo la Stevens, merito del luogo nel quale si trovavano, perché era ciò che più le ricordava casa. Nella sua mente erano ancora vivide le immagini del tempo passato sull'isola di Enoshima con tutti i parenti, durante la sua infanzia, e delle estati in cui andava a trovarli dopo il trasferimento e l'ingresso ad Hogwarts: essere nuovamente in Giappone, poter riabbracciare la sua cultura, era qualcosa che evidentemente stava lenendo almeno un po' il dolore accumulato. Ma non era tutto rose e fiori: spesso, al contrario, si sentiva quasi oppressa, e non dal dolore, ma dallo sforzo di non provarne; era come se quello stare meglio comportasse, in lei, un non pensare ai sentimenti negativi, schiacciandoli sotto un velo di forzato ottimismo che a volte la sfiancava, lasciandola esausta. E vuota. Ma nemmeno lei avrebbe saputo spiegare quelle sensazioni ad alta voce, perciò si teneva tutto dentro, ignara che l'Ignis Elios avesse capito molto di lei, più di quanto avrebbe mai potuto immaginare; continuarono a parlare, ed effettivamente la prospettiva di poter salutare le persone care, quelle perse, soprattutto se non si era potuto dire loro addio, parve a Miyabi del tutto positiva.
Jūyōna koto wa, sorera no gazō ni muchū ni naru koto wa arimasen. Egao de watashitachi ni daini ni sorera o saido sanshō shite, watashitachi no unmei to watashitachi no saidai katsu mottomo kon'nan'na kadai o ninshiki shite, kono chikyū-jō ni aruku koto o keizoku suru yorokobi no tame ni naku: Karera no tame ni ikiru.
Watashi wa watashi no tame ni sore ga sorera o keshi miru tame ukeireru suru koto ga yori kon'nandearou to omoimasu... (Credo che per me sarebbe più difficile accettare di vederli scomparire...)
Ammise la Grifondoro, con un sospiro lieve: perché mentire? E poi Yamato l'avrebbe capito anche con un solo sguardo che non sarebbe mai stata in grado, all'attuale, d'incontrare i fantasmi, le anime, o semplicemente di vedere le immagini dei genitori e dei parenti, salutarli e poi permettere loro di allontanarsi; al contrario, si sarebbe aggrappata con tutte le proprie forze ad esse, disperandosi fino probabilmente a straziarsi il cuore. A quel pensiero, infatti, gli occhi viola si socchiusero e si velarono di lacrime, ed un groppo le si formò all'altezza della gola: solo la carezza calda di Yamato le impedì di scoppiare a piangere, ma di contro il dolore venne nuovamente inghiottito insieme alla saliva, schiacciato.
Anata wa itsumo atsui te o motte iru... (Hai sempre la mano calda...)
Non che le desse fastidio, era una semplice considerazione che le venne spontaneo fare mentre alzava gli occhi su di lui, notando la serietà nel suo sguardo: di riflesso si fece subito più seria anche lei, ed anche un po' preoccupata. C'era forse qualcosa che non andava? Forse lo zio si era stancato di averla come un peso morto sempre appresso? O magari si era reso conto che la prospettiva di prendersi cura di lei, a lungo andare non faceva per il suo stile di vita ed i suoi progetti futuri?
Miyabi, watashi no oi... Anata ga budō to meisō o tōshite anata no uchigawa ni itami o keigen suru tame ni kanojo o oshietara dō omoimasu ka?
Meisō? (Meditazione?)
Ripeté lei confusa, non capendo cosa volesse dire l'uomo con quella proposta e non conoscendo, naturalmente, la disciplina di cui lui stava parlando.
Watashi wa betsu no 3kagetsu-kan Nihon ni so' d, 12 tsuki no hajime made, watashitoisshoni anata o tamotsu tame ni kyoka o fuku gakubu-chō o motomerudarou. Watashi no oshie o tōshite anata no ishiki to jisei no shiroi nuno de sore o rappu suru koto ni yotte, aku kakushitede wa naku, hontōni anata o kyōka suru hōhō o gakushū shimasu. Sore wa nagai tabi... Shikashi, watashi wa anata ga sore o okonau koto ga dekiru to omoimasu.
Tre mesi in Giappone, tre mesi lontano dalla scuola, dalle lezioni, e per giunta l'anno dei G.U.F.O.? Era davvero una scelta saggia quella di allontanarsi da Hogwarts? E la Vice Preside avrebbe accettato quella proposta?
Shikashi..Do no yō ni watashi wa gakkō ni tō~tsu nodesu ka? Watashi wa shiken o motte iru kotoshi wa, dono yō ni benkyō suru koto ga deki, tekisetsu ni o junbi junbi suru? (Ma... come farò con la scuola? Quest'anno ho gli esami, come potrò studiare e prepararmi a dovere?)
Domandò Miyabi, visibilmente confusa da quella proposta: abbassò gli occhi, sbattendo le palpebre, cercando di ragionare anche se non era semplice, per lei; allontanarsi per così tanto tempo da quella che era stata la sua realtà dallo sterminio della sua famiglia, al di là degli esami, poteva risultare essere una buona idea? E davvero sarebbe riuscita a superare il dolore con la meditazione?
Hoka no 3 kagetsu... Dono yō ni shitte imasu ka... Anata wa watashi ni akirute inai koto o? (Altri tre mesi... come fai a sapere... che non ti stancherai di me?)
Gli domandò alla fine la Giapponese, tornando a guardarlo con un'espressione indecifrabile in volto e lo sguardo che andava dallo spaventato, all'inquieto, al felice, all'incerto.
[tahoma]Watashi wa watashi no tame ni sore ga sorera o keshi miru tame ukeireru suru koto ga yori kon'nandearou to omoimasu...
Korera no mizu wa, sumātodesu... Anata ga yukue fumei-sha o miru koto ga dekimasu toki ni, mata, yori kantan ni shōshitsu shita koto o ukeireru koto ga dekiru yō ni naru koto o imi shimasu. Seikatsu no naka de sorezore no shinpo wa, jikan, watashi no oi no suteppu de okonauga, sonogo hōshū wa tsuneni honmonodearukoto o wasurenaide kudasai...
[ Queste sono acque intelligenti... Quando sarai in grado di vedere le persone scomparse, vorrà dire che sarai anche diventata capace di accettare più facilmente la loro scomparsa. Ogni avanzamento nella vita si fa con un passo alla volta, nipote mia, ma non dimenticare che poi le soddisfazioni saranno sempre autentiche... ]
Le arti marziali in primis dovevano servire a rinforzare lo spirito, non ad imparare mosse per atterrare un avversario. In quel senso, Yamato credeva fermamente nel duplice giovamento che la ragazza ne avrebbe ricavato apprendendo una disciplina antica quasi come un'intera civiltà: il potere di contenere le emozioni negative e trasformarle in energia e la capacità di difendersi adesso che, pur essendoci lui a cercare di proteggerla in ogni modo, un giorno forse avrebbe potuto trovarsi ad affrontare un avversario da sola e lo zio voleva che in tal caso la nipote fosse del tutto preparata. Quando la piccola pose l'accento sul calore perenne della mano del parente, l'uomo non poté che sorridere internamente, dispiaciuto in parte perché non le poteva confessare il suo segreto, farle capire che in futuro forse avrebbe avuto poco tempo da dedicarle e non sarebbe dipeso affatto dalla sua volontà, bensì dai suoi infiniti impegni come Capo Gilda, come uomo d'affari e come insegnante. Forse aveva ragione Celine quando gli diceva che doveva cominciare a pensare ad un valido vice da assegnare alla Gilda, un vice al quale consegnare il potere decisionale in assenza del Sole e del quale l'Ignis Elios si fidasse ciecamente, un po' come Raiden Lambert per la Gilda Terran. In realtà la verità era che lui stava aspettando che la Sauvage raggiungesse il grado di Incendio per poi chiedere a lei di ricoprire quel ruolo, ma sapeva che ci voleva ancora molto tempo e fino ad allora nessun altro avrebbe potuto aspirare ad una simile carica di importanza per la Gilda.
Meisō?
Sonotōridesu. Kore no okage de, anata no seishin to anata no kanjō-jō de dōsa shimasu. Anata wa sorera o seifuku suru hōhō o rikai surudearou to kanashimi o sa sete kudasai. Anata wa, anata no kokoro o kyōka shimasuga, izen no yō ni, ōpun'na ikiikito myakudō kimochi sore o iji suru tame ni kanri shimasu. Watashi ga mae ni itta yō ni, nagaiga, hissu desu. Sore no saigo ni wa, watashi o shinjite, anata wa chigai o kanjirudeshou, anata wa yoi kanji, anata ga yori tsuyoku kanji rarerudeshou.
[ Esattamente. Grazie ad essa lavorerai sul tuo spirito e sulle tue emozioni. Comprenderai come non lasciarti sottomettere ad esse e alla tristezza. Rafforzerai il tuo cuore riuscendo però a mantenerlo sempre aperto, vivo e pulsante di sentimenti come un tempo. Come ti ho detto prima, è un percorso lungo ma fondamentale. Al termine di esso, credimi, ti sentirai diversa, ti sentirai migliore, ti sentirai più forte. ]
Shikashi..Do no yō ni watashi wa gakkō ni tō~tsu nodesu ka? Watashi wa shiken o motte iru kotoshi wa, dono yō ni benkyō suru koto ga deki, tekisetsu ni o junbi junbi suru?
Watashi wa sudeni subete no mono o kangaete kimashita. Anata wa, 1-nichi 5-jikan ni shitagaimasu kateikyōshi o motsu koto ni narimasu. Hoguwātsu no subete no jikō de chōsei suru koto ga, dīn wa, watashi ga shitai baai wa, koko ni iru yo 3kagetsu de subetenopuroguramu o watashi ni teikyō shimasu. Sonogo, wareware wa chokusetsu yūshoku-kai de o ai shimashou , gogo ni, shikashi, 3-jikan ni watatte, watashitachiha issho ni narudarou to watashi wa anata no kojin-tekina torēningu no sewa o shimasu.
[ Ho pensato già a tutto. Avrai un tutore privato che ti seguirà cinque ore al giorno. Sarai preparata in ogni materia di Hogwarts, la Preside mi fornirà tutti i programmi dei tre mesi che rimarrai qui, qualora lo volessi. Durante il pomeriggio invece, per tre ore saremo insieme e mi occuperò del tuo addestramento personale, dopo di che, ci rivedremo direttamente a cena. ]
Hoka no 3 kagetsu... Dono yō ni shitte imasu ka... Anata wa watashi ni akirute inai koto o?
Yamato interruppe per qualche istante il suo parlare, fissandola negli occhi con aria molto più morbida e addolcita rispetto a prima. Miyabi gli aveva posto una domanda da persona non solo insicura ma anche incapace di capire la preziosità del suo essere, la bellezza interiore che portava con sé e che stava trasmettendo allo zio giorno dopo giorno. Non erano i sorrisi a indicare quanto lei fosse meravigliosa, ma bastava uno sguardo particolare, o il modo di comportarsi in casa, la semplice e sola presenza, di quando ci si sveglia in una cosa e ci si accorge di non essere soli, di avere accanto qualcuno di speciale, da proteggere e amare. Si mise in ginocchio, continuando a fissarla, scuotendo lentamente il capo, avvicinando le labbra alla fronte della piccola nipote e posandovi sopra un bacio delicato e ricco di calore e affetto, con gli occhi chiusi e l'animo rivolto a sfiorarle il cuore.
Sore wa jibun de sa reta baai wa, watashi ga 100-pāsento ni anata no kazoku o shutoku shi, anata ga kesshite imamade no jinsei kara nanika o ketsujō suru hitsuyō ga nai koto o kakunin shinagara, gakkō ni modotte eru koto naku, ima, eien no yō ni watashinoie ni sunde iru no ni kakarukaradearu. Shikashi, watashi wa chōdo 3-kagetsu o motome riyūda to, īsan-kun soreha, yūjindearu koto o, hoguwātsu wa anata no seichō no tame ni jūyōdearu koto o shitte iru. Watashitachi no yuiitsu no 3, karera wa watashi ga watashi no mei to sugosudearou jikan ni kurabete hijō ni sukunaikaradearu.
[ Perché se dipendesse dal sottoscritto, ti prenderei a vivere nella mia casa fin da adesso e per sempre, senza farti tornare a scuola, diventando la tua famiglia al 100% e facendo si che non ti debba mai e poi mai mancare più nulla dalla vita. Ma so che Hogwarts è importante per la tua crescita, che gli amici lo sono, che Ethan-kun lo è, per questo ti ho chiesto solo tre mesi. Solo tre, si, perché sono davvero pochi rispetto al tempo che vorrei passare con mia nipote. ][/tahoma]
Korera no mizu wa, sumātodesu... Anata ga yukue fumei-sha o miru koto ga dekimasu toki ni, mata, yori kantan ni shōshitsu shita koto o ukeireru koto ga dekiru yō ni naru koto o imi shimasu. Seikatsu no naka de sorezore no shinpo wa, jikan, watashi no oi no suteppu de okonauga, sonogo hōshū wa tsuneni honmonodearukoto o wasurenaide kudasai...
Watashi wa kono toki wa kuru koto wanai koto dake osorete iru... (Ho solo paura che quel momento non arriverà mai...)
Ammise Miyabi con un sospiro leggero, forse appena tremulo: una parte di sé temeva di deludere lo zio nel pronunciare quelle parole, ma era stata sincera ed era convinta che tanto lui avrebbe capito comunque il dubbio che le attanagliava il cuore, che le faceva venire un groppo intenso alla gola e le lacrime agli occhi. Oggi non era pronta a dire addio ai familiari, ma lo sarebbe mai stata davvero? Forse anche per questo Yamato le propose poco dopo d'insegnarle l'arte della meditazione, per rafforzare il proprio spirito e trovare dentro di sé l'equilibrio che non le avrebbe permesso di farsi schiacciare dalle emozioni, specialmente quelle negative.
Sonotōridesu. Kore no okage de, anata no seishin to anata no kanjō-jō de dōsa shimasu. Anata wa sorera o seifuku suru hōhō o rikai surudearou to kanashimi o sa sete kudasai. Anata wa, anata no kokoro o kyōka shimasuga, izen no yō ni, ōpun'na ikiikito myakudō kimochi sore o iji suru tame ni kanri shimasu. Watashi ga mae ni itta yō ni, nagaiga, hissu desu. Sore no saigo ni wa, watashi o shinjite, anata wa chigai o kanjirudeshou, anata wa yoi kanji, anata ga yori tsuyoku kanji rarerudeshou.
Anata ga kangaeru baai, sore wa watashi no tame ni yoi baai ga ari... sonogo gōi! (Se tu pensi che possa farmi bene... allora d'accordo!)
Esclamò Miyabi dopo quelle parole, annuendo leggermente: si fidava dello zio e di ciò che diceva, e se egli indicava la meditazione come utile per il suo spirito ferito, per il suo cuore ancora sanguinante... allora non poteva fare altro che seguire le sue indicazioni con fiducia. Quando però le propose di passare i tre mesi successivi lì con lui, non poté fare a meno di chiedersi come avrebbe fatto con la scuola, soprattutto considerando che i G.U.F.O. erano alle porte: sarebbe riuscita a studiare e prepararsi a dovere anche senza seguire le lezioni?
Watashi wa sudeni subete no mono o kangaete kimashita. Anata wa, 1-nichi 5-jikan ni shitagaimasu kateikyōshi o motsu koto ni narimasu. Hoguwātsu no subete no jikō de chōsei suru koto ga, dīn wa, watashi ga shitai baai wa, koko ni iru yo 3kagetsu de subetenopuroguramu o watashi ni teikyō shimasu. Sonogo, wareware wa chokusetsu yūshoku-kai de o ai shimashou , gogo ni, shikashi, 3-jikan ni watatte, watashitachiha issho ni narudarou to watashi wa anata no kojin-tekina torēningu no sewa o shimasu.
Sonogo mo kōchō no daijōbu... (Allora anche alla Preside va bene...)
Sicuramente il suo dubbio maggiore era riferito a cosa avrebbero potuto pensare la Preside e la Vice Preside di quella assenza prolungata, ma se lo zio diceva che erano d'accordo, allora non si doveva più preoccupare della cosa.
Ima demo gasshō-dan no ichibudeatte modarou? Soshite, watashi wa watashi no yūjin ni tegami o okuru nodarou ka? (Farò ancora parte del Coro? E potrò mandare delle lettere ai miei amici?)
S'informò ulteriormente, elencando quindi tutti i possibili dubbi che le impedivano di accettare subito la proposta di Yamato: l'ultimo, il più importante, riguardava proprio lui, ovvero la certezza che l'uomo aveva - e che Miyabi non capiva come potesse esistere - di non stancarsi di lei nel corso di quel tempo, essendo abituato ai propri spazi che non aveva mai dovuto condividere con nessuno. Lo osservò inginocchiarsi di fronte a sé, nuovamente con un grosso groppo alla gola, gli occhioni viola già velati di lacrime che lo fissavano insicuri ed incerti: quel bacio caldo sulla fronte la fece rabbrividire leggermente, mentre già la prima goccia salata le colava lungo la guancia.
Sore wa jibun de sa reta baai wa, watashi ga 100-pāsento ni anata no kazoku o shutoku shi, anata ga kesshite imamade no jinsei kara nanika o ketsujō suru hitsuyō ga nai koto o kakunin shinagara, gakkō ni modotte eru koto naku, ima, eien no yō ni watashinoie ni sunde iru no ni kakarukaradearu.
Nessun suono a quelle parole, dopo le quali Miyabi tirò su col naso e basta: evidentemente si stava trattenendo, e pure molto, dallo scoppiare a piangere.
Shikashi, watashi wa chōdo 3-kagetsu o motome riyūda to, īsan-kun soreha, yūjindearu koto o, hoguwātsu wa anata no seichō no tame ni jūyōdearu koto o shitte iru. Watashitachi no yuiitsu no 3, karera wa watashi ga watashi no mei to sugosudearou jikan ni kurabete hijō ni sukunaikaradearu.
Ma nulla più poté trattenere dopo quelle parole, a seguito delle quali la Giapponese scoppiò definitivamente in singhiozzi intensi e forti, allungandosi di slancio per abbracciare quasi con disperazione lo zio.
Mormorava tra le lacrime ed i singhiozzi, nascondendo il viso nella sua spalla mentre il corpo esile veniva scosso dai secondi e le prime macchiavano i vestiti di lui: in un modo tutto suo, la piccola - per così dire ormai - Miyabi stava accettando la sua proposta.