[Domenica – Due settimane prima - Dormitorio Maschile Delfinazzurri]
Mi stavo crogiolando in un pigro dormiveglia, sfruttando il fatto che fosse domenica per godermi il tepore del mio letto, quando avvertii un lieve formicolio sulle gambe. Con gli occhi chiusi mi agitai leggermente per scostare la cravatta che probabilmente la sera prima avevo scordato sul letto invece che riporla nel baule.
Uff...Borbottai muovendomi con maggior insistenza dato il perdurare del formicolio, per poi bloccarmi all'istante. Quella strana sensazione adesso si era diffusa anche sulla pancia e sulle braccia e qualcosa di peloso si stava muovendo sul dorso della mia mano. Aprii gli occhi di scatto e grazie alla luce che filtrava attraverso le tende chiuse del mio baldacchino li vidi: decine di piccoli, pelosi, orridi ragnetti avevano invaso il mio letto e il mio corpo.
Sono innocui, sono innocui. Mi ripetevo in testa mentre il panico mi attanagliava le membra impedendomi di fare alcunché, tanto che anche respirare stava diventando una cosa difficile da fare. Da quando, a cinque anni, avevo trascorso un'intera nottata sul fondo di un tombino al buio con centinaia di quegli esseri pelosi che scorrazzavano liberamente sul mio corpo infreddolito, avevo sviluppato una fobia per quel tipo di animali tanto da non riuscire a sopportarne la vista neanche sottoforma di peluche.
Con gli occhi sbarrati dalla paura e un rivolo di sudore ghiacciato che mi scorreva lungo la spina dorsale osservavo inerme quegli esseri scalare il mio corpo dal fondo del letto diretti al mio viso e solo quando avvertii un paio di zampette pelose accarezzarmi il lobo dell'orecchio i miei nervi cedettero. Come un giocattolo a molla babbano saltai sul letto urlando con tutto il fiato che avevo in corpo, afferrai la mia bacchetta e bombardai le coperte con l'incantesimo del secondo anno che sapevo padroneggiare al meglio delle mie possibilità: Arania Exumai. A ogni ragno colpito che volava via dal letto e di conseguenza lontano da me, riacquistavo un briciolo di lucidità e con essa anche la consapevolezza della realtà che mi circondava.
Hihihi...hihihiRisate sommesse provenivano da ogni punto della stanza e quando, con mano tremante, scostai le tende mi ritrovai circondato da tutto il Dormitorio maschile dei Delfinazzurro. Dovevo essere proprio buffo con il viso pallido, la bacchetta che mi tremava in mano e il pigiama appiccicato al corpo per il sudore visto che tutti scoppiarono a ridere, indicandomi e dandosi dei colpetti di gomito l'uno con l'altro. Feci saettare gli occhi da un viso all'altro, sentendo le guance andare a fuoco per la vergogna di essermi messo in ridicolo davanti a tutti, ma quando incrociai quelli divertiti di Steve la rabbia prese il sopravvento su tutto. Quel primino era un amico della Menina e di sicuro non si sarebbe fatto fuggire l'occasione di raccontarle quello che era accaduto, facendomi fare la figura del piagnone e del pauroso. Rafforzando la presa sulla mia bacchetta, avanzai verso di lui e fregandomene beatamente della presenza dei ragazzi più grandi, lo minacciai di terribili ritorsioni se non mi avesse spiegato il motivo di quell'agguato.
Ehi portoghese sta calmo con quella bacchetta - mi disse McRends, uno studente del sesto anno, forse preoccupato dal fatto che se mi fosse partito un incantesimo in uno spazio così ristretto e con tanta gente come minimo avrei spedito un paio di persone dalla Vilvarin -
Non è colpa nostra se la tua sorellina ha la lingua sciolta e un amore per gli scherzi un po' pesanti.Quelle parole mi colpirono con la forza di un Bolide e mi fecero più male di uno Schiantesimo ben assestato.
Cappie?...Chiesi intontito, come se non riuscissi a credere alle mie orecchie. Ricordavo ancora il giorno in cui le avevo raccontato di quella mia fobia, facendole giurare di non dire nulla a nessuno e beccandomi uno scappellotto perchè
" è ovvio che non lo dico a nessuno, ti sei già dimenticato del nostro patto di sangue?". E adesso venivo a scoprire che mi aveva tradito, aveva tradito la mia fiducia, aveva raccontato a tutto il Castello della mia aranonsocosa e non contenta di ciò aveva anche tramato alle mie spalle con i miei compagni di Casata. In realtà era stato il Prefetto dei Corvi a origliare la nostra conversazione e a riferirla alla mia Ninfa che, considerando pericoloso l'effetto che la vicinanza di Cappie aveva su di me e sulla mia inclinazione verso il male, aveva deciso di provare a incrinare il nostro rapporto e forse se mi fossi fermato a riflettere un attimo mi sarei accorto subito che la tassetta non avrebbe mai fatto nulla del genere. Purtroppo però la sensazione di quelle zampette che camminavano sulla mia pelle mi impediva di formulare ragionamenti complessi da opporre alle parole di McRends e di sicuro non ero a conoscenza delle capacità di Zephyr o di Melia. L'unica cosa che sapevo era che dovevo far comprendere a
Caroline Priscilla che
nessuno poteva tradirmi e pensare di passarla liscia. Con il chiaro intento di fare irruzione nella Sala Comune dei Tassorosso e schiantare Cappie ovunque si trovasse, mi vestii in fretta e provai a catapultarmi fuori dalla mia stanza ma, una volta agguantata la maniglia, il volto deluso della mia Ninfa mi comparve davanti agli occhi e la sua voce melodiosa riecheggiò nella mia mente.
Mio piccolo Delfino vuoi forse unire alla beffa dello scherzo anche il danno della punizione che Turner o Cartwright ti affibbieranno se solo provi a entrare nella loro Sala Comune? Devi usare il cervello e non l'istinto se vuoi che la tua vendetta sia efficace.Nonostante l'ira dominasse il mio animo, ero ancora in grado di riconoscere un saggio consiglio quando ne sentivo uno, anche quelle rare volte in cui il ruolo del "grillo parlante" era svolto dalla mia coscienza. Così, una volta uscito dalla mia stanza, mi diressi verso le docce comuni, confidando nell'acqua calda per potermi rilassare abbastanza da riuscire pianificare la mia vendetta.
Volevo ripagarla con la sua stessa moneta, metterla di fronte alla sua più grande paura, farla urlare dal terrore e se ci fosse scappata anche qualche lacrima ne sarei stato più che felice.
[Covo dei Centauri - ore 7.50]
Speriamo che almeno questa volta sia puntuale se no i Centauri banchetteranno con le mie ossa stasera.Borbottai a bassa voce, spostando il peso da un piede a un altro e battendo le mani tra di loro per cercare di riscaldarmi un pochino, il fiato che si condensava in nuvole di vapore davanti al mio viso. Durante la notte la temperatura si era abbassata notevolmente e nonostante i tre strati di vestiti - mantello pesante, mantello estivo, divisa scolastica - che avevo indossato il vento gelido riusciva a insinuarsi ovunque, facendomi tremare come una foglia. Ero certo che se non avessi avuto i guanti l’anello della Sfinge che portavo sempre con me al pollice sinistro a quest’ora sarebbe scivolato a terra, tanto mi si erano rattrappite le dita per il freddo. Nonostante tutti questi disagi però non mi ero pentito per nulla di aver scelto il Covo dei Centauri come terreno di scontro: nel silenzio irreale che avvolgeva quella parte della Foresta Proibita l'urlo di Romualdo il Guardiacaccia sarebbe risuonato ancora più agghiacciante e spaventoso. A quel pensiero portai istintivamente la mano alla tasca del mantello dove tenevo al sicuro il piccolo registratore a pile che avevo ricevuto via gufo una settimana prima da mia madre e che aveva rappresentato la classica ancora di salvezza per la buona riuscita del mio piano.
Dopo un'attenta ricerca in Biblioteca, infatti, ero giunto alla triste conclusione che non esisteva alcun incantesimo alla mia portata che mi permettesse di distorcere la voce in modo da creare un urlo disumano, con l'esclusione del "Sonorum" che però da solo non sarebbe servito a nulla. Il tempo passato tra i libri, però, non era stato del tutto sprecato vista la postilla interessante che avevo trovato sui Centauri, sul loro rapporto con l'alcool e sulla loro capacità di emettere urla spaventose, e che mi aveva permesso di definire gli ultimi dettagli del mio piano. Dando prova della mia capacità di padroneggiare l'incanto Liques Returnutix ero riuscito a convincere il nostro Guardiacaccia a soddisfare le mie curiosità sugli usi e costumi della sua gente, incluso farmi sentire l'urlo con cui spaventavano le loro prede quando andavano a caccia, oltre a estorcergli informazioni su come raggiungere il loro Covo nel cuore della Foresta Proibita. Certo una parte di me scalpitava per agire in pubblico, durante uno dei pasti o peggio a lezione, per far assaggiare anche a lei il sapore della vergogna oltre a quello della paura, ma alla fine il desiderio di dimostrarle che ero migliore di lei e che per me una promessa era sacra, nonostante tutto, aveva avuto il sopravvento.
E se si è persa? O se si è offesa e non viene?Mi chiesi, riesumando l’orologio da sotto gli strati di stoffa e rendendomi conto che la Tassetta aveva già accumulato dieci minuti di ritardo sull’appuntamento che le avevo dato. Non era stato molto furbo né gentile da parte mia farle recapitare il biglietto da un altro Tasso ma non ero sicuro di riuscire a guardarla negli occhi senza far trasparire il risentimento e l’astio che provavo nei suoi confronti, mettendola quindi sul chi vive. Speravo solo che la sua curiosità fosse pari alla sua parlantina e che quindi avrebbe avuto la meglio su tutto. Nascosto dietro all’enorme albero che troneggiava sullo spiazzo dove il branco era solito dormire, lo sguardo dall'orologio alla Foresta silenziosa alle mie spalle, chiedendomi quanto tempo avevo ancora a disposizione prima che quel posto si riempisse di Centauri incavolati neri per quella palese violazione del loro territorio. Non era solo l’attesa a rendermi nervoso o la possibilità di essere attaccato, ma anche la fame che iniziava a farsi sentire, visto che non avevo fatto in tempo a passare in Sala Grande per fare colazione, e la presenza nella borsa ai miei piedi di un mega panino e una manciata di lecca lecca al sangue di sicuro non mi aiutava affatto a pensare ad altro.
Jorge...sei qui?Per quanto Cappie avesse sussurrato, ero così teso che non feci alcuna fatica a sentire la sua voce ma invece di rispondere o palesarmi in qualche modo tirai fuori dalla tasca il piccolo registratore, posizionai la leva del volume sul massimo e lo accesi puntandolo verso la mia sorellina, mentre con l'altra mano tenevo stretta la bacchetta.
AhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhUn urlo acuto, stridulo, che non aveva nulla di conosciuto, visto che avevo fatto girare il nastro al rallentatore per evitare che gli altri Centauri lo riconoscessero e venissero a vedere quello che stava accadendo, si diffuse per lo spiazzale, terrorizzando a morte, almeno quello era il mio intento e la mia speranza, Caroline Priscilla. Una volta terminata la registrazione, rimisi in tasca il registratore e contai fino a cinque, per poi fare la mia apparizione, uscendo da dietro l’albero.
Allora come ci si sente? Fa male, vero?Le chiesi con aria beffarda, una mano in tasca e l’altra chiusa intorno alla bacchetta. gli occhi che indugiavano sul suo viso , curioso di sapere se la vendetta era andata a segno, se l’urlo aveva davvero spaventato Cappie o se per caso non mi avesse mentito quando mi aveva confessato quella sua paura.